Come ogni anno, in prossimità della Gionrnata Internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Save the Children Italia ha pubblicato il nuovo Atlante dell’infanzia a rischio, dal titolo “Tempi Digitali”.

La pubblicazione restituisce una fotografia dell’Italia in un tempo in cui la vita dei bambini è “datificata”, registrata e condivisa sul web, ed esplora le opportunità e i rischi che bambini, bambine e adolescenti stanno affrontando dentro la nuova rivoluzione dell’onlife e di una vita spesa tra reale e virtuale. E se da un lato emergono le conseguenze di una sovraesposizione al digitale, dall’altro ci sono anche quelle dell’essere esclusi dalla dimensione online, se non si ha accesso alla rete o si è privi di competenze.

Nell’Atlante del 2023 si possono approfondire dati e informazioni anche rispetto all’uso della rete da parte delle famiglie di bambini molto piccoli.

Nonostante le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) – accolte anche in Italia dalla Società Italiana di Pediatria (SIP) –di non utilizzare dispositivi digitali per i bambini di età inferiore ai 2 anni, secondo una recente indagine dell’Istituto Superiore di Sanità[12], in Italia il 22,1% dei bambini di 2-­5 mesi passa del tempo davanti allo schermo (tv, computer, tablet o smartphone), per la maggior parte per meno di un’ora al giorno. I livelli di esposizione crescono con l’aumentare dell’età: se si considera il tempo di fruizione complessivo, che va da meno di un’ora a oltre tre ore, la percentuale di bambine e bambini che ha un’esposizione agli schermi tra gli 11 e i 15 mesi d’età in media arriva al 58,1%, quasi 3 su 5. Oltre 1 bambino su 6 tra undici e quindici mesi è esposto a schermi almeno un’ora al giorno, il 3% per tre ore e più al giorno. Tra i rischi dell’esposizione troppo precoce e prolungata, oltre al possibile impatto negativo sullo sviluppo cognitivo, linguistico e emotivo del bambino, nel lungo periodo c’è quello di favorire comportamenti sedentari e obesità infantile. Non solo degli schermi, c’è anche un alto utilizzo degli assistenti vocali: il 46% delle famiglie con almeno una figlia o un figlio entro gli 8 anni d’età è in possesso di un assistente vocale, tra questi 1 bambino su 3 interagisce con questi apparecchi in autonomia, nonostante non siano stati progettati per loro. Se da una parte questi strumenti possono migliorare le capacità comunicative dei bambini (per esempio per l’apprendimento di una lingua straniera o per altre applicazioni didattiche), dall’altra possono avere effetti dannosi sullo sviluppo cognitivo e sociale dei più piccoli, che rischiano di interagire con queste macchine come se si trattasse di esseri umani, attribuendo loro caratteristiche mentali e sociali che evidentemente non hanno.

Pratiche più o meno inconsapevoli, come quello dello sharenting (la condivisione da parte dei genitori di dati, foto e informazioni del proprio figlio attraverso app e social media), possono esporre i bambini a gravi rischi: dallo sfruttamento sessuale alla violazione della privacy e all’accesso illegale a dati potenzialmente sfruttabili in modo improprio da criminali informatici, per esempio per il furto dell’identità digitale. Rischi che possono mettere a repentaglio anche la sicurezza fisica dei minori, oltre a provocare danni emotivi, dal momento che immagini e informazioni continueranno a circolare in rete anche quando il bambino crescerà, ma di cui i genitori sembrano non essere quasi mai consapevoli, tanto che il 73% dei bambini che vive in Europa è presente online prima dei due anni di età.

 

CONTINUA AD APPROFONDIRE L’ARGOMENTO SCARICANDO LA PUBBLICAZIONE