Ogni epoca ha segnato un modo di essere genitori: nel dopo guerra i genitori sfidavano i pochi mezzi che avevano a disposizione e riuscivano a educare con spirito di sacrificio e dando valore ad ogni piccolo gesto o cosa. Dopo di loro, le famiglie più moderne hanno cominciato a trasferire diritti e doveri a soggetti esterni. Oggi ci troviamo di fronte a un altro modello educativo ancora, fortemente condizionato dalla tecnologia digitale che spesso influenza la percezione che i genitori hanno di loro stessi.  Ma ciò che sicuramente non è cambiato è la paura di affrontare con consapevolezza quello che è ritenuto il “mestiere” più difficile al mondo.

Genny Mangiameli, del CSI Catania, partner implementatore delle attività dello Spazio Mamme e realtà aderente alla Rete Zero Sei di Save the Children, ci aiuta ad analizzare come è cambiata la genitorialità e quali sono le difficoltà che maggiormente si trovano ad affrontare le famiglie più vulnerabili che gli educatori incontrano nel loro lavoro quotidiano.

Oggi l’età media dei genitori si è alzata parecchio e il diritto alla genitorialità si esprime in tante forme e sfumature, ma sappiamo coglierle, affrontarle, nel rispetto di tutte le diversità?

Un genitore fuori dagli schemi suscita reazioni diverse che dipendono dal grado di empatia, di conoscenza, di cultura di chi interagisce con lei/lui. Può sentirsi accolto e trovare negli altri qualcuno in grado di ascoltarlo e di farlo sentire parte integrante di un sistema che per diventare migliore deve cercare di includere tutti senza lasciare spazi di solitudine e sconforto. I genitori, anche quelli meno propensi a raccontarsi, cercano aiuto attorno a loro per qualsiasi decisione debbano prendere in merito all’educazione dei figli. Lo fanno rivolgendosi innanzitutto alle persone più vicine, quelle di cui si fidano maggiormente, genitori, parenti stretti o figure di riferimento stabili, o cercando strutture alle quali affidare le loro preoccupazioni.  

 

L’importanza della comunità di cura per orientare una genitorialità responsiva

Le famiglie di ogni ordine e grado sanno che il ruolo di genitore è quello di rispondere prontamente ai bisogni dei figli dal momento in cui vengono al mondo finché non diventano adulti, e, spesso, anche dopo. E per dare risposte accurate occorre partire da un presupposto: conosci bene chi hai di fronte. I bambini piccoli sono molto istintivi e non hanno strutture cognitive rigide come quelle degli adulti. Quando si diventa grandi la flessibilità e l’adattabilità tipiche delle menti dei piccoli si perde nella responsabilità del ruolo adulto, evitando di riproporla perché considerata non adatta nella comunicazione con i figli. Invece, molti studi considerano questa teoria molto valida per avere un approccio con i figli più significativo.

Il confronto con i figli spaventa moltissimo. È, a detta di molti genitori, l’aspetto che più di tutti li rende insicuri e per questo molti si trovano in difficoltà nel ruolo genitoriale. In casi come questi, i centri educativi ed aggregativi per minori, possono entrare in gioco in modo significativo. L’educazione appartiene ai genitori, ma anche ad altri agenti esterni alla famiglia ma che con la famiglia hanno un filo diretto. Sono luoghi educativi, ma soprattutto luoghi in cui l’educazione parte dal cuore e riesce a penetrare negli anfratti più bui, là dove molti minori e adulti si perdono.

Per i genitori diventa di fondamentale importanza trovare occasioni in cui poter esprimere le loro esigenze, manifestare i loro dubbi e provare a costruire uno stile educativo insieme, da ripetere ogni volta che si presentano difficoltà. Hanno bisogno di condividere l’importante investitura che hanno verso i figli con soggetti in grado di alleggerirne il carico emotivo.  Questo non significa demandare ad altri la responsabilità delle proprie azioni, ma semplicemente provare ad essere genitori che, riconoscendo i propri limiti, acquistano autonomia decisionale nelle situazioni che non sanno gestire.

 

Favorire l’accesso alle cure per migliorare il benessere familiare

Genitore si diventa tra sbagli, incertezze e paure ma anche con molta volontà e buon senso. Quando un adulto si trova ad essere genitore unico di 1 o più figli o vive una condizione lavorativa precaria, la prima cosa di cui ha bisogno è avere attorno una rete di servizi che funzioni. Le famiglie si preoccupano in particolar modo per la salute propria e dei figli e quando si trovano in contesti in cui i servizi sono carenti o richiedono tempi lunghissimi per le prestazioni, sono costretti a rivolgersi alle strutture private. Ma sappiamo che non tutti possono accedervi.

In questi casi è fondamentale saper di poter contare su strutture territoriali che favoriscano e facilitino l’accesso ai servizi fondamentali.    Strutture o persone. Capita spesso che nelle relazioni amicali o di buon vicinato emerga una problematica comune che poi si traduce in una indicazione precisa su come agire per affrontarla.

È importante, quindi, tessere relazioni semplici ma sincere con chi abbiamo vicino. Ad esempio, condividere l’esigenza di lasciare i bimbi per qualche ora senza ricorrere ad una/un babysitter, può significare trovare un genitore nel vicinato che provveda a tenere 1 o più bambini, ottimizzando tempi e costi.  Questa è una opzione che sta ritornando molto anche nelle grandi città ove, il forte urbanesimo, ha prodotto freddezza relazionale è così che recuperare la dimensione umana, accorgendosi degli altri e magari fare un primo passo di apertura verso il prossimo, si può trasformare in una vera opportunità. Sapere che gli altri ci sono per noi e noi per loro significa, per un genitore che ha bisogno in tempi stretti di risolvere una difficoltà, ridurre ansia e affrontare con maggior serenità la quotidianità.

 

Curare la propria individualità per una genitorialità più serena

Passando alla sfera personale del genitore, è importante non perdere di vista l’identità di uomo/donna a prescindere dal ruolo genitoriale. Il genitore è prima di tutto un adulto con una vita fatta di impegni ma anche di desideri, aspirazioni e bisogni, sia in coppia che da single. Reprimere sé stessi non aiuta nella relazione con i figli. I genitori prendono decisioni fondamentali per il benessere dei figli ma, a volte, rinunciando a ciò che potrebbe farli stare meglio. Ad esempio, se una proposta di lavoro interessante comporta un riassetto organizzativo diverso all’interno della famiglia, non significa rinunciarci a priori ma calibrare bene ogni possibilità in funzione dell’utilità che ne deriva in termini di soddisfazione personale e familiare. L’importante è capire che tipo di sacrificio è richiesto a ciascuno.

Il benessere dei figli è prioritario e si agisce in funzione dei loro bisogni, ma un genitore appagato e mediamente gratificato è sicuramente un genitore che eviterà di trasferire le proprie frustrazioni all’interno della famiglia, se le sue scelte sono state dettate solo in funzione del benessere complessivo. Non è sicuramente facile ma questa rientra tra le sfide quotidiane del genitore. Stesso discorso per la sfera relazionale. Avere una persona accanto con cui condividere preoccupazioni e gioie è importante ma a volte un/una compagno/a sbagliato/a minacciano un equilibrio personale che si riversa negativamente sui figli.

 

Per ulteriori approfondimenti sulla genitorialità e sui diritti di bambini e bambine consulta il blog di Save the Children Italia.