Il pediatra non è solo un medico che cura i bambini, ma è anche una figura di riferimento e di supporto fondamentale per i genitori. In un sistema culturale che ha progressivamente perso la dimensione sociale e familiare della nascita, il pediatra spesso si configura come la figura più vicina, non solo nella cura delle malattie, ma anche come guida ad una genitorialità responsiva e consapevole. Nonostante l’importanza di questo tipo di azione, e nonostante quello del/della pediatra sia un diritto fondamentale di bambine e bambini, in Italia sta diventando sempre più complesso l’accesso a tale servizio. Una riduzione nel numero di pediatri territoriali a disposizione implica un maggior carico di lavoro per quelli presenti e di conseguenza anche una minore disponibilità di tempo da dedicare ai bisogni educativi e di salute di ciascun bambino o bambina.  La solitudine genitoriale e la carenza di supporto sociale possono avere effetti deleteri sulla disponibilità alla relazione parentale. Genitori isolati e privi di aiuto possono infatti sperimentare stress, ansia e depressione, che possono a loro volta influenzare negativamente la loro capacità di prendersi cura dei propri figli e figlie.

Sulla base di queste premesse, grazie alla collaborazione tra la dottoressa Annateresa Inglese, responsabile del progetto Fiocchi in Ospedale Gemelli e la dottoressa Ilaria Lazzareschi, pediatra del Policlinico Gemelli e professoressa di pediatria presso l’università Cattolica del Sacro Cuore, ha preso forma un’iniziativa itinerante di dialogo e incontro con i genitori per offrire un supporto concreto al benessere di bambini e bambine e uno strumento utile per il rafforzamento delle competenze dei genitori. Nasce così “Salviamo i bambini”, un progetto che favorisce l’incontro tra pediatri e famiglie del territorio romano.

“Dialogando con la Dott.ssa Annateresa Inglese, responsabile del progetto Fiocchi in Ospedale presso il Policlinico Gemelli, sono venuta a conoscenza del prezioso ruolo di orientamento e supporto che questo progetto offre da tempo alle famiglie disorientate e in difficoltà, facendo da ponte tra l’ospedale ed il territorio. In quel momento ho sentito di voler partecipare attivamente. Ho capito che, come pediatre e pediatri, eravamo chiamati a fare la nostra parte anche fuori dai confini del nostro lavoro quotidiano. La vocazione della pediatra non è solo quella di curare le malattie, ma, soprattutto, quella di prevenirle, aiutando ove possibile i genitori nel fare il loro “lavoro”. Genitori non si nasce, lo si diventa crescendo con il proprio figlio o la propria figlia. Abbiamo perciò pensato che offrire un supporto competente alla genitorialità, all’educazione sanitaria e ad una corretta fruizione del sistema sanitario pubblico, anche al di fuori del nostro impegno ospedaliero, fosse un compito non solo utile, ma addirittura necessario” dice la dottoressa Lazzareschi.

Salviamo i bambini è un progetto di prevenzione primaria teso ad informare, educare e sostenere i genitori al fine di aiutarli a non sentirsi soli e soprattutto ad incentivare una genitorialità consapevole e quindi più serena e meno stressata. Il progetto, che ha preso il via nel mese di novembre 2023, è stato strutturato coinvolgendo circa 15 giovani medici, in specializzazione presso la Scuola di Pediatria dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sotto la supervisione dalla Professoressa Ilaria Lazzareschi ed il Professor Piero Valentini, che, alternandosi durante i loro giorni liberi, hanno partecipato attivamente agli incontri. Fino ad ora si sono tenuti cinque incontri, che hanno visto la partecipazione di 43 genitori.

 

La struttura degli incontri e le tematiche affrontate

Ciascun incontro è stato strutturato prevedendo tre momenti:

  • fase informativa: vengono trattate le tematiche più rilevanti nel primo anno di vita (come il divezzamento, educazione alimentare, gestione delle malattie: come riconoscerle e come curarle, educazione rispetto al primo intervento da offrire ai bambini a casa e quando è necessario recarsi in ospedale);
  • fase di dialogo: si tratta di un momento collettivo in cui i genitori hanno modo di fare domande e chiedere chiarimenti agli specialisti;
  • fase one to one: momento individuale in cui ciascun genitore può privatamente chiedere specifiche rispetto alla propria situazione e gli specialisti offrono un parere indicando la prassi da seguire ed orientando agli specifici servizi territoriali.

Gli incontri si sono tenuti presso gli Spazi Mamme di Torre Maura e Ponte di Nona, grazie al prezioso contributo dei partner Antropos e Santi Pietro e Paolo, e presso la sede di Asinitas Onlus, partner del progetto Fiocchi in Ospedale Vannini, attraverso una stretta collaborazione e sinergia organizzativa con le operatrici e con il progetto Fiocchi in Ospedale del Policlinico Gemelli. Le tematiche sono state scelte sulla base delle richieste fatte dai genitori che quotidianamente partecipano alle attività dei progetti di Save the Children. Gli specialisti hanno poi creato documenti e diapositive informative, costruiti ad hoc, anche allo scopo di favorire la comprensione da parte di mamme o papà che non parlano bene la lingua italiana. La presenza di mediatori culturali ove presenti, ed il lavoro preventivo delle insegnanti di italiano con le mamme straniere, ha consentito, inoltre, la massima fruibilità e comprensione, anche da parte dei partecipanti non madrelingua.

La scelta di raggiungere genitori e progetti in zone decentrate della città di Roma ha avuto il doppio fine: in primo luogo quello di offrire un supporto concreto a nuclei familiari che spesso, a causa della marginalità territoriale e della scarsità di risorse economiche, si trovano a subire maggiormente una condizione di isolamento sociale, e ad avere quindi una maggiore difficoltà di accesso ai servizi; in secondo luogo, la scelta di luoghi decentrati ha risposto a un’esigenza di formazione delle giovani professioniste coinvolte, perché ciascuna di loro potesse misurarsi con un altro modo di esercitare la professione medica, lontano dall’organizzazione ospedaliera, che, sebbene fondamentale dal punto di vista clinico, restituisce una percezione solo parziale della realtà culturale e sociale delle famiglie. Un modo per far crescere umanamente le persone in formazione, e che avranno poi il delicato compito di aiutare i bambini e le bambine di oggi a diventare uomini e donne di domani.

Il miglior modo per restituire il senso di questa idea progettuale, ancora all’inizio, ma già piena di riscontri, è quello di riportare la testimonianza di Barbara, una delle giovani professioniste che hanno preso parte agli incontri: “La capacità di Save the Children, delle operatrici, delle famiglie e di noi colleghe e colleghi di avvicinarci reciprocamente è stata esemplare, ed ha contribuito a creare un ambiente inclusivo ed accogliente che apprezza ed enfatizza la bellezza delle differenze di provenienza, di cultura, di età e di storia. ”