Samira è una donna di origine marocchina che, durante le sue gravidanze, ha trovato sostegno nelle operatrici di Asinitas, associazione partner del progetto Fiocchi in Ospedale presso l’Ospedale Vannini di Roma. Oggi Samira frequenta un corso di formazione per mamme peer, a sostegno della maternità migrante. Grazie a questo corso spera di poter aiutare altre donne che stanno per diventare mamme, fornendo loro tutti gli strumenti per gestire al meglio la gravidanza e la maternità. Samira è una delle tante mamme che ha incontrato Asinitas negli ultimi anni, grazie al lavoro di mediazione linguistica e accompagnamento alla nascita che l’associazione porta avanti soprattutto a sostegno di donne straniere. Behts Ampuero, coordinatrice di Fiocchi in Ospedale Vannini, ci spiega in questa intervista che tipo di lavoro svolgono all’interno dell’ospedale e a quali bisogni rispondono con i loro interventi.
Che tipo di lavoro svolgete come partner del progetto Fiocchi in Ospedale presso l’ospedale M.G. Vannini di Roma?
- All’interno dell’ospedale abbiamo uno sportello di orientamento socio sanitario che si trova nell’ambulatorio ostetrico e nel reparto maternità. Le operatrici di origine straniera, una bengalese e una egiziana, vanno in giro nel reparto o si ritrovano nell’ambulatorio con le donne che prendiamo in carico oppure lavorano a sostegno di medici e ostetriche quando è richiesto il loro intervento da parte del personale ospedaliero: caposala, ostetriche, primario, personale degli ambulatori.
Quali sono i bisogni a cui più spesso vi trovate a rispondere?
- Il bisogno principale – per cui abbiamo degli appuntamenti fissi il martedì e giovedì presso l’ambulatorio ostetrico – è la necessità di avere un supporto linguistico perché molte donne di origine straniere in gravidanza si rivolgono all’Ospedale Vannini, che è un ospedale territoriale tipico, con accesso diretto già dal marciapiede. Negli ultimi anni abbiamo notato un’affluenza sempre maggiore di donne straniere proprio perché sanno che presso questa struttura ci sono le operatrici plurilingue di Fiocchi. Noi partiamo da una realtà educativa, Asinitas, il cui filo conduttore è l’insegnamento della lingua italiana come terreno neutro per dialogare e incontrare comunità straniere, e in questo contesto abbiamo individuato dei bisogni relativi alla maternità, alla gravidanza, alla necessità di vivere questa esperienza nel miglior modo possibile. Oltre al fattore linguistico ci occupiamo anche di altri aspetti, da quelli culturali a quelli della rappresentazione simbolica, fino all’orientamento territoriale ai servizi. Molte di queste donne sono molto giovani, arrivate da poco in Italia e non hanno una rete familiare e amicale che possa sostenerle. Nasce da qui la necessità di creare un gruppo di supporto con mediatrici culturali.
Quali servizi offrite, quindi, alle donne in gravidanza?
- Organizziamo incontri di gruppo in cui il focus è la lingua, ma con un linguaggio specifico che riguarda la gravidanza, la maternità, l’orientamento socio-sanitario, la nascita rispettosa che dia spazio alla narrazione e alla co-costruzione di un nuovo status in un nuovo paese. Questo tipo di “accompagnamento” permette di creare una nuova storia, una nuova rappresentazione simbolica. Dall’esperienza di questi anni con le mediatrici interculturali di Asinitas e le operatrici di Fiocchi, ci siamo rese conto che, non solo era molto importante lavorare con le donne in gravidanza e con le neo-mamme per creare più consapevolezza, ma che era anche necessario fare una azione di promozione della cittadinanza attiva per rafforzare le referenti di comunità sul territorio rispetto ai temi della prima infanzia e della genitorialità, in un’azione di empowerment femminile che identifichi e moltiplichi le buone prassi. Così abbiamo organizzato il corso di formazione per mamme peer a sostegno della maternità migrante.
Come lavorate per l’orientamento ai servizi del territorio?
- L’orientamento lo facciamo attraverso gli sportelli che abbiamo sia in Ospedale che qui presso la nostra sede di Asinitas. Vengono da noi uomini, donne, mamme, papà che hanno bisogni diversi: dalla richiesta della tessera sanitaria fino alla comprensione di cosa c’è scritto sulla ricetta del medico. C’è un’infinità di necessità, che non riguardano solo l’informazione sui servizi e l’orientamento, ma proprio l’accesso: e cioè la gestione delle pratiche burocratiche e delle procedure, che spesso, soprattutto per una persona non madrelingua, sono molto complesse. Per questo abbiamo sviluppato un servizio di accompagnamento, che in questo caso significa proprio “accompagnare fisicamente” le persone agli sportelli, aiutarli a capire, a individuare l’interlocutore migliore, facilitando le comunicazioni e favorendo, passo dopo passo, l’autonomia di persone e famiglie di origine straniere. Quello che tentiamo di creare, anche all’interno dell’Ospedale, è uno spazio-tempo più ampio che permetta al personale medico e alle famiglie di incontrarsi su un terreno comune, con un linguaggio condiviso.
C’è una storia rappresentativa del lavoro che svolgete che vuoi raccontarci?
- Ce ne sono tante, ma voglio raccontarti un episodio che è capitato poco tempo fa. Una signora di origine straniera, incinta, si è fatta accompagnare alla visita specialistica da una vicina di casa. Nella lettura degli esami del sangue, a causa di una traduzione sbagliata, è stato detto alla signora che era malata di leucemia. Ovviamente questo tipo di informazione ha messo in grande agitazione la famiglia. Fortunatamente era presente presso la struttura l’operatrice di Fiocchi in Ospedale, che è subito intervenuta per chiarire cosa fosse accaduto, chiedendo immediatamente di poter consultare il referto. Dopo aver consultato il medico è emerso che non si trattava di leucemia, ma bensì di glicemia. Di fronte a questa storia, è risultato chiaro quanto sia importante che ci siano delle mediatrici preparate non solo per tradurre, ma anche per comprendere il linguaggio medico relativo alla gravidanza.