Educator*, operator* sociali e insegnant* che lavorano nei servizi per l’infanzia, si trovano spesso di fronte a bambini e bambine che manifestano forme di disagio cognitivo e motorio. Riconoscere i primi campanelli d’ allarme e parlane con le famiglie non è sempre facile: per favorire il benessere dei e delle più piccole e sostenere i genitori sono necessarie buone competenze professionali e relazionali. Gabriella Giuliani, psicologa e coordinatrice psicopedagogica nei servizi 0-6 di Occupazione e Solidarietà, organizzazione partner del progetto “San Paolo 0-6: crescere in una comunità di cura” di Save the Children, ci racconta l’esperienza della sua associazione.

 

Nei servizi destinati a bimbe e bimbi tra 0 e 6 anni, ci imbattiamo frequentemente, in comportamenti che ci fanno sospettare un deficit di sviluppo.

Numerose ricerche ci informano che l’aumento dei disturbi del neurosviluppo è stato esponenziale negli ultimi anni. Questo tipo di disturbi colpisce quasi 2 milioni tra bambine, bambini e ragazzi – cioè, tra il 10 e il 20% della popolazione infantile e adolescenziale – tra gli 0 e i 17 anni, con manifestazioni molto diverse tra loro per tipologia, decorso e prognosi. La maggior parte di questi disturbi è determinata da un complesso intreccio tra predisposizione genetica, vulnerabilità neurobiologica e variabili ambientali e sociali (ISS, 2022).

In meno di dieci anni è raddoppiato il numero di minori seguiti dai Servizi di Neuropsichiatria, con un incremento rilevante di richieste di diagnosi e di intervento e un rapido cambiamento nella tipologia di utenti e famiglie e dei loro bisogni (ISS, 2022).

 

Il lavoro che svolgiamo sul territorio di Bari

Nel nostro lavoro quotidiano, la comunicazione ed il confronto tempestivo con le famiglie sono necessari al fine di avviare una valutazione specialistica di possibili disturbi a carico del sistema cognitivo e motorio di bambine e bambini e per supportare eventuali difficoltà da parte dei genitori nell’accettare l’ipotesi di una situazione patologica.

L’attenzione e la competenza della persona che riveste il compito di educatore o educatrice di riferimento, possono essere cruciali per giugnere a una diagnosi e attivare un intervento tempestivo.

La nostra esperienza ci ha portati a consolidare alcune prassi che si sono rivelate utili in situazioni che necessitano di confronto e approfondimento. Proviamo a descriverle sinteticamente.

  • Il punto di partenza è sempre quello della formazione de* operator*. È di fondamentale importanza che educator*, coordinator* e tutto il personale dei Servizi 0-6 anni sia a conoscenza dei possibili campanelli di allarme per riconoscerli e decidere come comunicarli alle famiglie. Questo è possibile attraverso l’organizzazione attività di aggiornamento periodico di operatrici e operatori: corsi, seminari, approfondimenti, nonché confronti con figure professionali specializzate di area psicopedagogica, pediatrica, neuropsichiatrica, ecc. anche allo scopo di strutturare e consolidare un lavoro di rete tra gli specialisti e le organizzazioni che operano nel settore 0-6 anni.

 

  • Nella pratica educativa, stabilire un’alleanza con le famiglie è già un importante punto di partenza che pone le basi per qualsiasi tipo di comunicazione. Se l’alleanza è forte e si consolida un reciproco sentimento di fiducia, il confronto sarà più fluido, costruttivo e mirato in modo più efficace al benessere del bambino o della bambina.

 

  • Qualora l’educator* rilevi ne* bambin* dei comportamenti dissonanti rispetto allo sviluppo normotipico (fisico, motorio, del linguaggio e della comunicazione, nell’interazione sociale etc.) è opportuno che condivida prima possibile i propri dubbi con l’equipe e con il coordinamento educativo, in modo da avviare un’osservazione più accurata. Nella nostra equipe sono fondamentali le figure del* psicolog* e del* pedagogista espert* in disabilità.

 

  • Un primo colloquio di confronto con la famiglia sarà utile a raccogliere informazioni più accurate sulla storia di vita del bambino o della bambina, dei genitori e delle altre persone che vivono con loro, in modo da verificare la presenza, la frequenza e l’intensitàdei comportamenti osservati nei servizi educativi anche in altri contesti. Inoltre, occorrerà considerare eventuali momenti particolari che il nucleo sta affrontando, come lutti, trasferimenti, separazione dei genitori, ecc. Sarà necessario riportare alcuni esempi pratici che si sono verificati durante l’osservazione e compararli con le informazioni riportate dalla famiglia. L’utilizzo di un approccio accogliente e di un linguaggio semplice, l’assenza di comportamenti giudicanti e la capacità di ascolto, sono fondamentali in questa delicata fase.

 

  • Alla luce di quanto rilevato in queste prime fasi di condivisione, si può stabilire con la famiglia di procedere ad una seconda osservazione, focalizzando l’attenzione su frequenza e modalità dei comportamenti da tenere sotto osservazione, senza tralasciare i fattori ambientali che possono avere un impatto sul comportamento del bambino o della bambina, prestando attenzione sia all’ambiente educativo, sia a quello domestico e familiare.

 

  • In un successivo colloquio si potranno poi comparare le informazioni di entrambe le parti e, in caso di permanenza e continuità dei segnali, si consiglierà alla famiglia di confrontarsi con il pediatra di libera scelta. Sarà poi questo o quest’ultima a valutare la necessità di un approfondimento specialistico.

 

Per ulteriori informazioni sui diritti di bambini e bambine e sulla genitorialità responsiva visita il blog di Save the Children Italia