La cura come responsabilità condivisa.

Nel lavoro con le famiglie con bambini e bambine tra 0 e 6 la cura non è un aiuto da dare, né un servizio da “erogare”. È un processo condiviso, fatto di relazioni: significa assumersi una responsabilità verso le persone, verso le loro storie e verso ciò che può nascere da un incontro autentico. È un processo di crescita, mai a senso unico, ma condiviso e reciproco.
Cura significa esserci quando la fragilità pesa, accogliere l’altro senza giudicare, anche quando, nell’accompagnare famiglie vulnerabili, ci si trova di fronte a persone che non immaginano nemmeno la possibilità di stare bene.  

La cura, quindi, in un contesto socioeducativo, non   è un compito tra i tanti, ma un modo di essere e di nutrire la relazione: non si guida, ma si accompagna; non si decide al posto di un’altra persona, ma, con lei, si costruisce un percorso. È molto più faticoso e, non di rado, frustrante ma è solo da qui che possono nascere davvero cambiamenti significativi nello stato di benessere e nella capacità di gestire in autonomia e con fiducia, la propria condizione di caregiver.

A questo proposito, approfondiamo che cosa significa accompagnare le famiglie con fragilità attraverso il contributo di Francesca Donnicola e di Francesca Esposto, educatrici della Cooperativa Sociale Santi Pietro e Paolo Patroni di Roma, che gestisce le attività dello Spazio Mamme di Brindisi.  

 

Una rete che cresce, nonostante le difficoltà

A Brindisi la cooperativa Santi Pietro e Paolo sta lavorando per costruire una rete che unisca servizi educativi, sociali, sanitari e del terzo settore. Il territorio presenta criticità, le risorse non sempre bastano, le realtà socioeducative del territorio non sempre vanno alla stessa velocità. Ma la rete c’è e prova ad essere efficace e tempestiva rispetto ai bisogni.
Passo dopo passo, ci si conosce meglio, si impara a comunicare, rispettando le regole del gioco e le procedure, e si sperimentano modelli di lavoro condiviso, che mettono al centro la famiglia. Non è una rete perfetta, ma è viva, e ogni giorno si rafforza. Quando i diversi attori del territorio si muovono in modo coordinato, le famiglie si sentono meno sole e il percorso diventa meno oscuro.

 

Il colloquio: dove inizia davvero il percorso

Il colloquio è il luogo metaforico del racconto e dell’ascolto. Occorre quindi creare le condizioni di fiducia e di serenità perché la mamma – in genere si tratta di mamme – possa dire ciò che la preoccupa, ciò che desidera, ciò che teme, senza paura di non essere ascoltata, o, peggio, di essere giudicata. Il colloquio, una vota costruita la relazione di fiducia, è il punto di partenza di uno sguardo condiviso sul proprio percorso di caregiver e di persona: da dove partire, come camminare e dove si desidera arrivare.

Con strumenti di accompagnamento come l’Outcome Star[1] aiutiamo a trasformare una speranza vaga in passi concreti: piccoli obiettivi realistici, frutto di una decisione condivisa e rispettosa dei tempi della famiglia. Ogni passo avanti — per quanto piccolo — racconta fiducia, percorso, consapevolezza cambiamento. Ogni passo avanti non rappresenta il coronamento di un’ambizione individuale, ma, piuttosto, il raggiungimento di un obiettivo di rafforzamento della propria fiducia in se stesse o se stessi.

 

Accompagnare senza sostituirsi

Tutto questo si fa insieme ad operatrici e operatori del progetto, e la tentazione di semplificare le cose prendendo le decisioni e, in qualche modo, “imponendole” è sempre dietro l’angolo. Ma camminare accanto significa sostenere, impegnare il proprio tempo ad ascoltare in modo attento, a guidare una scelta, quando serve, e a fare un passo indietro quando emergono le risorse della famiglia. L’accompagnamento è un intervento che non deve creare dipendenza, ma, al contrario, deve consolidare l’autonomia e la capacità di esercitare potere decisionale.
Quando una mamma riacquista fiducia nelle proprie capacità, quando ritrova la propria rete, quando le bambine e i bambini possono crescere in un ambiente che sostiene e non limita, allora si può dire che la pratica professionale di un’azione di cura ha funzionato. È un cambiamento che resta.

 

Una storia che racconta: A. e la sua strada

A è una mamma siriana arrivata in Italia nel 2021 attraverso un corridoio umanitario dal Libano, dopo l’esplosione del porto di Beirut. Prima in Siria e poi in Libano aveva già cercato di ricostruire la propria vita familiare, le proprie reti e le proprie riserve di fiducia. Ma poi, costretta ancora a spostarsi, ha dovuto ricominciare da capo. Arrivata a Brindisi con il marito e tre bambine, è stata costretta a cercare dentro di sé risorse di auto organizzazione e buona volontà: piano piano queste risorse hanno dato i loro frutti e, insieme alle operatrici dello Spazio Mamme, A. ha messo a punto un percorso fatto di piccoli passi realistici. Ha imparato l’italiano da autodidatta, ha partecipato al corso di cucito offerto dallo Spazio Mamme, e, grazie a una macchina da cucire donata, ha potuto svolgere un tirocinio in un atelier di abiti da sposa, che le ha aperto una strada nel mondo del lavoro.

Lo Spazio Mamme è diventato per lei e per le sue bambine un luogo sicuro, all’interno del quale trovare persone affidabili con cui confrontarsi, e spazi di nutrimento delle proprie risorse interne. Con il percorso di accompagnamento integrato, ha riacquistato autonomia, la sua famiglia si è inserita nel territorio e oggi lei stessa aiuta altre mamme straniere che entrano in Italia per la prima volta. La sua storia è una testimonianza concreta di come la cura responsabile, la rete, anche imperfetta, il colloquio attento e professionale, la relazione di aiuto consapevole e non giudicante, la fiducia e l’accompagnamento possano generare cambiamento.

Per maggiori approfondimenti sui diritti di bambini e bambine e sulla genitorialità responsiva consulta il sito di Save the Children. 

 

 

[1] Outcome Star è un percorso di monitoraggio condiviso messo a punto e sperimentato nel Regno Unito, e ora diffuso in molti altri paesi europei, per l’accompagnamento delle famiglie fragili e di altri target a rischio psicosociale. Qui il link per approfondire.