Per le persone, prevalentemente di origine straniera, che frequentano lo Spazio Mamme di Torre Maura, a Roma, “imparare l’italiano” è tra i bisogni principali. Di solito, la richiesta è formulata da uomini e riguarda la formazione linguistica delle mogli, appena ricongiunte o da diversi anni in Italia, le quali però, dedicandosi esclusivamente alla casa e ai figli, non hanno la minima conoscenza della lingua e del territorio. Sono donne quasi completamente “dipendenti” dai mariti, che, a loro volta, sono fuori casa tutto il giorno per motivi di lavoro.

In questo contesto, il laboratorio di italiano promosso dallo Spazio Mamme cerca non solo di rispondere a una richiesta di alfabetizzazione per acquisire una maggiore autonomia linguistica ma anche di mostrare una via d’uscita dall’isolamento, proponendo una forma di mediazione tra la cultura di appartenenza e quella di accoglienza. Scopriamo di più di questo laboratorio grazie al contributo di Olga Conte, mediatrice culturale di Antropos, cooperativa sociale partner di Save the Children per le attività dello Spazio Mamme di Torre Maura.

Nell’ottica di non escludere nessuno e ridurre il più possibile gli abbandoni in un gruppo multiculturale e multilivello che si rinnova e/o si arricchisce molto spesso nel corso dei mesi, si è scelto di non dividerlo per livelli di conoscenza della lingua italiana, proponendo invece un percorso didattico in cui gli argomenti grammaticali vengono riproposti ma sempre in modi diversi. Con brevi testi, modi di dire o proverbi si introducono temi di interesse comune e civico, lavorando su vocabolario e struttura grammaticale, e con attività di brainstorming si esplorano aspetti culturali, valorizzandone le differenze. Questa modalità fortemente interculturale trasforma le lezioni in “incontri”, in cui chi ha un discreto livello di italiano diventa spontaneamente “peer” per le nuove arrivate, o semplicemente riconosce a questo spazio una possibilità di socializzazione. Ciò permette, da un lato, alle mamme di raccontarsi e confrontarsi tra loro e, dall’altro, alle educatrici, di conoscere aspetti della vita e dei pensieri delle partecipanti difficili da cogliere, con un risultato comune: la coesione in tempi incredibilmente brevi di un gruppo che contribuisce attivamente a indirizzare la stessa lezione. Questo forte senso di appartenenza al gruppo permette anche alle “nuove arrivate” con un livello più basso di italiano di sentirsi subito a proprio agio, spingendole a cimentarsi sin da subito con la lingua nonostante l’esiguo vocabolario. 

 

Dall’apprendimento all’empowerment: un percorso concreto

L’approccio didattico del laboratorio non si limita alla grammatica, ma favorisce la crescita personale e l’empowerment delle donne attraverso la conoscenza di diritti e servizi. Temi ampi come la scuola, ad esempio, permettono di introdurre i verbi modali e la forma di cortesia legando il sistema scolastico al diritto allo studio e gli acronimi (D.S.A., B.E.S., D.P.D., P.E.I.) al confronto costante con gli insegnanti.

L’obiettivo didattico favorisce concretamente l’empowerment: le mamme imparano a usare il registro elettronico, richiedono una diagnosi funzionale e partecipano ai colloqui con gli insegnanti. Alcune tematiche sono scelte in coincidenza con festività o giornate internazionali; per quelle strettamente religiose, l’approccio è sempre interculturale: similitudini e divergenze di valori Ramadan e Quaresima usando i comparativi, il Natale come storia laica di inclusione individuando i simboli nel presepe napoletano. Per gli argomenti a forte rischio “cliché” si sceglie una prospettiva “inedita” per dare spazio alle partecipanti in quanto donne, non più solo mamme e mogli: la festa del papà, ad esempio, attraverso l’uso dell’imperfetto ha dato vita ai loro ricordi di bambina ma anche alla riflessione sul ruolo odierno dei papà/mariti, i giochi da cortile sono diventati consigli sulle alternative al cellulare. 

Dopo la formazione specifica sull’ambiente digitale tra 0 e 6 anni, è stato trattato il mondo online, ma rispetto al rapporto/dipendenza degli adulti con i social e in occasione della giornata sulla salute mentale il confronto è stato diretto sul tema del benessere. Spostando il focus sulla persona, si sospende il giudizio sulla genitorialità e si limita il rischio di chiusura, in entrambi i casi è stata anche l’occasione per avvicinare le donne ai servizi di consulenza pedagogica e di Sportello di Ascolto Germogli, verso i quali magari si nutriva una comprensibile diffidenza,  “normalizzando” e superando il concetto di “medicalizzazione” o giudizio che spesso accompagna certe figure professionali.

La risposta attiva non è mancata: “condivido con voi perché qui per me è anche famiglia” o “questa lezione è benessere”. Alcune lezioni sono strutturate come “preparazione” agli incontri con specialisti esterni e riprese successivamente su specifiche richieste delle mamme: l’incontro con i pediatri del Gemelli sull’alimentazione ha portato ad un approfondimento sulla lettura delle etichette dei cibi modificando il modo di fare la spesa; la prevenzione promossa da Race for the Cure ha permesso la riflessione sul dovere di prendersi cura di sé, sul Servizio Sanitario Nazionale, prescrizioni e rispetto degli appuntamenti, fino alle simulazioni “ieri ho chiamato da sola il CUP, mio marito era contento!”.

Consci di quanto sia diventato prezioso il tempo che le utenti si ritagliano per partecipare in modo costante al laboratorio, in corrispondenza di chiusure della scuola, si è sperimentata anche una programmazione che tenesse conto di una presenza maggiore di bambine e bambini. Le attività di vocabolario sono state legate al gioco, sperimentando alternative di condivisione del tempo libero con i propri figli: “strega chiama colore”, “il lupo mangia frutta” o la tombolata con la smorfia napoletana hanno coinvolto anche i bambini più piccoli, “ci siamo così divertiti con le parole e i numeri che ho comprato la tombola per giocare a casa con mio marito!”.

 

Un modello innovativo di insegnamento e coinvolgimento attivo/condivisione

Il successo del laboratorio si misura non solo nell’apprendimento della lingua, ma anche nella crescente fiducia e autonomia delle partecipanti: da comprensione A0 in breve tempo non solo si riesce a seguire la lezione ma si partecipa al confronto in modo pertinente, si acquista fiducia abbandonando la confort-zone “sono andata da sola all’ASL e mi hanno capito!”. Questa acquisizione di consapevolezza ha spinto alcune mamme a porsi obiettivi personali ambiziosi: ottenere la certificazione HACCP (protocollo di sicurezza alimentare), la certificazione A2 per il permesso di soggiorno di lunga durata o la licenza media per accedere al corso di mediatore interculturale. Sulla base dei frutti raccolti negli ultimi due anni, da quest’anno il laboratorio di lingua e cultura italiana dello Spazio Mamme di Torre Maura si è rinnovato proponendo un percorso didattico in tre trimestri, esplorando gli argomenti grammaticali A0-A1-A2 con test di verifica per ogni step, senza abbandonare gli incontri tematici.

Al momento dell’iscrizione, con ogni partecipante si compila una scheda e si individua il personale obiettivo didattico. La risposta a questo cambiamento è stata positiva, l’impegno verso questo “patto educativo” è sensibilmente mutato e le assenze sono calate (c’è stato persino chi voleva presentare un giustificativo!). Non volendo sostituirsi a un corso di italiano L2, il nostro obiettivo resta quello di rendere più sicure le persone che partecipano allo Spazio Mamme, aiutandole a desiderare di più di una minima autonomia linguistica senza “subire” lil paradigma di inclusione del paese accogliente, e favorendo una partecipazione attiva e consapevole alla vita in Italia, consce delle proprie potenzialità, diritti e doveri.

 

Per maggiori approfondimenti sui diritti di bambini e bambine e sulla genitorialità responsiva consulta il sito di Save the Children.