Nei programmi e progetti dell’area Cura e Educazione 0-6 di Save the Children, gli operatori incontrano ogni giorno centinaia di “famiglie”, ognuna con le proprie caratteristiche, ognuna con le proprie peculiarità, ma tutte accomunate da esigenze e bisogni che riguardano la cura dei loro figli/e. Conoscere un po’ meglio alcune (tra le molte) tipologie di famiglie esistenti, ci permette di pensare a interventi miranti sempre più inclusivi e efficaci. Con Annateresa Inglese, coordinatrice Fiocchi in Ospedale, presso il Policlinico Gemelli di Roma, analizziamo quali sono i nuovi modelli familiari e come è cambiata la genitorialità.

 

Nascita ed evoluzione della famiglia nella società

La famiglia, secondo il sociologo Durkheim rappresenta un’organizzazione sociale nata al fine di soddisfare due bisogni fondamentali delle persone: – il bisogno di protezione ed il bisogno normativo al livello sociale.

Il termine famiglia etimologicamente deriva dal latino familia, letteralmente traducibile come l’insieme dei famuli, ovvero coloro che hanno un rapporto di dipendenza dal capo famiglia, meglio noto come pater familias. Nella famiglia patriarcale il padre assolveva al ruolo di capo assoluto, disponendo non solo dei beni materiali, ma anche della moglie e dei figli.

A partire dal Medioevo con l’influenza del Cristianesimo ed il correlato sacramento del matrimonio mutarono sia la struttura che il significato associato al concetto di famiglia. Il matrimonio divenne la conditio sine qua non per la costituzione della stessa. Analizzando l’etimologia del termine matrimonio si può infatti immediatamente notare come in esso sia enucleato il significato più intimo di ciò che la nostra società considera condivisibile come concetto di famiglia. Matrimonio deriva dal latino matrimonium, formata dal genitivo singolare di mater (madre) unito al suffisso -monium, (dovere, compito). Dunque, il matrimonio rappresenta l’unione tra due coniugi, che unendosi in matrimonio danno vita ad un nuovo nucleo familiare, che trova il suo compimento all’interno del “dovere” generativo di cui la donna è garante in quanto “mater”. L’istituzione della famiglia basata sul matrimonio ha sancito il passaggio dalla famiglia patriarcale ad una struttura di tipo nucleare o coniugale. Probabilmente l’unica forma di famiglia ancora oggi accettata e condivisa, sinonimo ed espressione di “normalità” per alcuni.

Eppure, data la stretta dipendenza del concetto di famiglia con l’evoluzione della società, dati i profondi cambiamenti che essa ha subito negli ultimi decenni, diviene necessario un ripensamento del concetto di famiglia allaluce delle trasformazioni sociali. Appare dunque più corretto parlare di “Famiglie” piuttosto che di “Famiglia”, essendo l’accezione classica-nucleare, legata all’istituzione matrimoniale eterosessuale, ormai parziale e discriminatoria nei confronti di una moltitudine di altre realtà esistenti ed altrettanto legittime e funzionali. Parlare al singolare di un fenomeno così complesso è l’espressione di una cultura che costringe le famiglie diverse da quella nucleare nella dimensione della devianza, della patologia e del diverso.

 

Perché è mutata la Famiglia?

Una risposta sintetica ma assolutamente esaustiva potrebbe essere perché è cambiata la società, sono cambiati i ruoli dell’uomo e della donna nella società e, di conseguenza, si è determinato un vacillamento della struttura coniugale, fondamento della famiglia nucleare. Donata Francescato (1994) individua alcuni principali fattori alla base dell’aumentata instabilità del legame coniugale:

  • l’emancipazione e la responsabilizzazione dei singoli nelle scelte sentimentali, ci dice, comporta una tendenza a privilegiare la realizzazione personale rispetto agli ideali sociali, dando priorità ai bisogni di “individuazione” rispetto a quelli di appartenenza. L’uomo moderno ha bisogno di critica riguardo alla qualità del rapporto, sulla fiducia e sulla crescita comune;

 

  • mutamento dei ruoli maschili e femminili: la considerevole crescita delle opportunità lavorative per le donne, il loro impegno fuori casa, hanno provocato tensioni nella coppia rompendo gli schemi tradizionali secondo i quali la moglie si occupava dei figli, del marito e della casa, mentre il marito provvedeva al mantenimento della famiglia.

Tali cambiamenti nei ruoli sociali hanno determinato degli effetti anche nella funzione genitoriale, favorendo un maggiore coinvolgimento della figura paterna nell’accudimento della prole.

 

Quali sono le nuove famiglie?

Tra le diverse declinazioni e forme legate al concetto di famiglia è possibile individuare:

  • Famiglie Monoparentali: sono nuclei familiari in cui un genitore si assume la responsabilità principale di crescere i figli, senza la presenza di un partner. Le famiglie monoparentali possono essere il risultato di una separazione, un divorzio, la morte di un coniuge o una scelta consapevole di genitorialità.

 

  • Famiglie Ricomposte: sono il risultato di separazioni o divorzi precedenti, in cui uno o entrambi i genitori decidono di formare una nuova famiglia con un nuovo partner. In queste famiglie, i figli possono provenire da relazioni precedenti. La genitorialità all’interno delle famiglie ricomposte richiede un’aperta comunicazione, una collaborazione e una comprensione tra tutti i membri del nucleo familiare. Questo modello familiare può offrire ai bambini opportunità di costruire relazioni significative con figure genitoriali e fratelli acquisiti.

 

  • Famiglie Omogenitoriali: sono costituite da coppie dello stesso sesso che hanno deciso di avere figli insieme attraverso l’adozione, la fecondazione in vitro o altre opzioni legalmente rese disponibili nel nostro paese. Anche se la letteratura scientifica dà ampia dimostrazione del fatto che queste famiglie sono assolutamente in grado di esercitare una adeguata funzione genitoriale, esse risultano essere ancora la categoria più stigmatizzata, delegittimata e patologizzata dal giudizio della società.

 

  • Famiglie Affidatarie: Le famiglie affidatarie sono famiglie che accolgono bambini che non possono vivere con i loro genitori biologici a causa di situazioni di abuso, negligenza, grave dipendenza o altre problematiche che limitano le capacità di un esercizio consapevole delle proprie responsabilità genitoriali. Queste famiglie offrono un ambiente sicuro e amorevole per i bambini, fornendo loro una nuova opportunità di crescita e sviluppo. La genitorialità all’interno delle famiglie affidatarie richiede una dedizione a lungo termine, oltre che un sostegno emotivo e pratico, sia per i genitori, sia per i bambini che spesso provengono da percorsi esperienziali traumatici.

 

  • Famiglie Senza Figli: Le famiglie senza figli sono un altro modello familiare che sta diventando sempre più comune nella società moderna. Ciò può essere dovuto a scelte personali, come la carriera, la salute o lo stile di vita, oppure a difficoltà di fertilità. Queste famiglie si concentrano su altre forme di relazioni e di investimento emotivo, come il sostegno alle comunità, lo sviluppo personale, l’adozione di animali domestici o l’esercizio di funzioni di supporto per figli di famiglie amiche e/o consanguinee.

 

Quali sono le funzioni della genitorialità?

Sebbene sia impossibile fare un elenco esaustivo di tali funzioni, a titolo generale, si può dire che la genitorialità coinvolge uno “zoccolo duro” di funzioni, che i genitori svolgono per il benessere e lo sviluppo dei propri figli. In questo quadro, si possono indicare:

  • funzione di cura (Nurturing Care): il genitore provvede al bambino assicurando il soddisfacimento dei suoi bisogni primari, ovvero accudimento, nutrimento, protezione fisica, genitorialità responsiva e esposizione precoce a esperienze educative (Brazelton, Greenspan 2001; Nurturing care framework for Early Childhood Development, 2018);

 

  • funzione affettiva/regolativa: il genitore aiuta il bambino a regolare i propri stati emotivi e ad organizzare l’esperienza e le risposte comportamentali che ne conseguono;

 

  • funzione normativa: l’obiettivo primario è quello di offrire al bambino una serie di regole e principi che possano guidare e contenere il bambino nelle sue azioni. Egli necessita infatti di una cornice di riferimento che lo contenga e che sia soprattutto coerente al fine di non disorientarlo.

 

  • funzione significante: consente al bambino sulla base di interazioni reali, di costruire schemi rappresentazionali che lo aiuteranno a codificare e comprendere la realtà che lo circonda;

 

  • funzione triadica: intesa come capacità dei genitori di avere tra loro un’alleanza cooperativa fatta di sostegno reciproco e capacità di lasciare spazio all’altro;

 

  • funzione transgenerazionale: che potrebbe essere definita come l’integrazione del figlio all’interno di una storia che è quella della propria famiglia. Rappresenta il continuum generazionale dove si è inserita la nascita del bambino.

In conclusione, e sulla base delle ricerche scientifiche sino ad ora condotte, non esisterebbe una forma di famiglia migliore rispetto ad un’altra, classica o nuova che sia. Ciò che realmente incide sugli esiti di sviluppo degli individui non è tanto la struttura della famiglia di appartenenza, quanto la qualità delle dinamiche e dei processi che in essa sono attuati, L’attenzione dovrebbe essere spostata dalla valutazione strutturale della famiglia all’osservazione della qualità delle dinamiche relazionali.

Gli esiti di sviluppo sarebbero connessi a come i genitori assolvono alle loro funzioni genitoriali, ovvero di coniugare la coesione con l’individualità, la stabilità con il cambiamento, lo svincolo con la condivisione degli stati emotivi, indipendentemente dalla forma che esse assumono (Fruggeri, 2007).

La genitorialità non deve essere quindi definita come una dimensione di ruolo strettamente collegata alla coniugalità (ovvero essere genitori solo all’interno di una relazione coniugale riconosciuta e sancita a livello sociale) o alla generatività (ovvero essere genitori solo se si è in grado di procreare un figlio), quanto piuttosto come una funzione autonoma e processuale dell’essere umano (Stern, 1995), preesistente all’atto del concepire, che ne è soltanto una seppur fondamentale espressione (Fava Viezziello, 2003).

È una funzione che qualsiasi individuo sviluppa fin dai primissimi momenti della vita, quando rendendosi conto dello stato della mente dell’adulto che lo accudisce ne interiorizza un modello, che successivamente nella vita tenderà a riproporre nel prendersi cura dell’altro. Più il singolo genitore è in grado di accudire l’altro, di adattarsi ai diversi bisogni evolutivi del bambino, di rassicurarlo e di sostenerlo, ma anche di fornirgli una cornice di riferimento e normativa, più aumentano significativamente le possibilità che il bambino abbia un sano sviluppo psicofisico a prescindere dalla struttura di cui la famiglia di appartenenza è espressione.

 

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