La drammatica esperienza della migrazione forzata può trasformare l’incontro con realtà sociali differenti in un percorso complesso, che mette in discussione la propria identità, determinando anche reazioni di “chiusura” e un complicato adattamento alle regole degli spazi di confronto. Di seguito un racconto a più voci, curato da Mara Bitetto, Licia Fortunato, Benedetta Vasselli, Olga Conte, operatrici della cooperativa Antropos, che ci raccontano l’esperienza dell’accoglienza di alcune famiglie ucraine presso lo Spazio Mamme di Torre Maura, a Roma.

In un momento storico che l’Europa chiama Emergenza Ucraina, segnato, oltre che dalla violenza della guerra, anche da imponenti migrazioni forzate, prevalentemente di donne e bambini, lo Spazio Mamme ha realizzato alcune azioni di accoglienza e supporto destinate a nuclei con bambini e bambine. Accogliere famiglie che hanno dovuto forzatamente lasciare il proprio paese, la propria casa, il proprio contesto di vita, ha significato per gli operatori e le operatrici dello Spazio Mamme rimodulare le attività e trovare nuove chiavi di interazione con nuclei fortemente segnati da un’esperienza traumatica, spesso poco inclini a interagire con gli altri e a raccontarsi.

Probabilmente la difficoltà più grande è stata accogliere famiglie che, pur appartenendo a una popolazione che ha una certa tradizione di migrazione,  non si erano mai ritrovate ad avere questo tipo di necessità e che, quindi, hanno avuto difficoltà a riconoscersi come soggetto bisognoso di aiuto, e capace di formulare richieste di supporto.

Accogliere un nucleo familiare (qui si parla quasi esclusivamente di madri con bambini) che aveva nel proprio paese una vita soddisfacente e felice a cui ha dovuto rinunciare da un momento all’altro, ha un paradigma e una dinamica operativa completamente diversa dall’accogliere chi, nel paese di origine, viveva una condizione di difficoltà e ha scelto il percorso migratorio per dare una vita più dignitosa o maggiori possibilità ai propri figli.

Questo ha significato per lo Spazio Mamme di Torre Maura mettersi in discussione e riesaminare un approccio consolidato, che ha la sua ragione d’essere nei risultati raggiunti nei 10 anni di attività del progetto.  

Ciò con cui tutte le operatrici dello Spazio Mamme hanno dovuto fare i conti, sin da subito, è stato il fortissimo sentimento di “provvisorietà” e la conseguente necessità di ridurre e azzerare in tempi brevissimi questa condizione di dipendenza dall’aiuto di qualcun altro percepita da tutte le famiglie ucraine incontrate dall’inizio della guerra. Le famiglie avevano quasi tutte la percezione della loro condizione come di una condizione assolutamente passeggera. Ogni bisogno sembrava essere vissuto come “momentaneo” e poteva continuamente diventare “non necessario” perché “presto”, con il ritorno a casa, non verrà più vissuto come un bisogno. Inoltre, abbiamo anche osservato durante la presenza nello Spazio Mamme, un’iniziale diffidenza da parte delle madri ucraine, che non sempre è stato possibile sciogliere o scardinare. Dai semplici atteggiamenti – anche metaverbali – durante le accoglienze ai momenti di partecipazione alle attività, infatti, si è registrata una serie di resistenze che non hanno reso sempre possibile un confronto aperto e lineare, in cui poter comprendere i bisogni specifici e anche le aspettative delle beneficiarie.

 

La mediazione linguistica: la prima chiave d’accesso per accogliere i bisogni di famiglie straniere

La conoscenza della lingua italiana è sicuramente il primo bisogno percepito ed espresso senza “vergogna”, con molta naturalezza e facilità, perché è la chiave per avere accesso nuovamente all’autonomia e, quindi, alla dignità, condizioni che per questa popolazione sembrano essere sinonimi. È stato necessario accogliere questo bisogno attraverso la mediazione interculturale e la supervisione ed è stato fondamentale, non solo accogliere e comprendere il bisogno, ma anche arrivare a capire le ragioni di quel bisogno.

Questi nuclei, infatti, non chiedono solo QUALCOSA ma vogliono anche capire COME potranno ottenerla. Quindi, comprendere le ragioni più profonde e il PERCHÉ di quel bisogno è fondamentale per poter rispondere adeguatamente. Imparare l’italiano per queste famiglie significa avere di nuovo il controllo della propria vita e affrontare in autonomia la quotidianità e le difficoltà “momentanee” che si incontrano in un paese che non è il proprio e che presto rimarrà solo un ricordo. Quindi la conoscenza della lingua italiana non rappresenta la chiave della porta dell’integrazione in una cultura che viene percepita come molto distante dalla propria, e che non rappresenta in alcun modo un’alternativa di vita accettabile. Il corso di italiano ha dovuto scegliere un vestito nuovo: ridare la voce attraverso le parole ad un popolo che vuole raccontare la propria storia, la propria cultura, la propria vita, le proprie ragioni.

Anche il laboratorio creativo per genitore e bambino ha richiesto un approccio diverso da quello che viene normalmente proposto dallo Spazio Mamme di Torre Maura.

Si è, infatti, proposto un primo momento di laboratorio ludico linguistico, in cui il minore viene stimolato a trasmettere al genitore quanto appreso a scuola con l’aiuto di immagini e disegni, e un secondo momento in cui la coppia è stata invitata ad unirsi al laboratorio creativo dello Spazio Mamme. Il laboratorio creativo in generale si prefigge un duplice scopo: offrire uno spazio di incontro alla coppia genitore-bambino, in cui potersi dedicare del tempo divertente da condividere, e dare vita ad un’occasione di incontro tra diversi genitori.

Per le famiglie ucraine il laboratorio è stato, quindi, occasione di confronto con nuclei provenienti da culture diverse in un contesto “protetto”, dove le differenze si attenuano grazie alla fantasia come linguaggio comune. Il COME dell’accoglienza è dovuto passare necessariamente attraverso “l’intercettazione” dei bisogni non colti dal genitore stesso, grazie ad un lavoro di rete che, in questa circostanza, si è dimostrato quanto mai necessario. Spesso la leggerezza della situazione creativa stimola una spontanea apertura di dialogo tra adulti e minori, spinge a confrontarsi, ispirarsi ed aiutarsi a vicenda: grazie a questa atmosfera leggera è stato possibile agevolare il processo di inserimento dei nuclei ucraini nello spazio e lavorare sulle loro resistenze.

 

Il lavoro di rete della comunità di Torre Maura per rispondere ai bisogni delle famiglie ucraine

Dall’inizio dell’emergenza ad oggi abbiamo incontrato diversi nuclei, ma con tre di questi abbiamo fatto un lavoro più intenso e approfondito. Il primo di questi, costituito da mamma e bambina, ci è stato segnalato da una struttura di accoglienza proprio per l’estrema difficoltà, da parte della madre, ad affidarsi a servizi dedicati all’infanzia. La signora, infatti, ha iniziato a partecipare al laboratorio di italiano, insieme alla figlia, dopo circa cinque mesi dall’accoglienza iniziale mostrandosi poco flessibile nell’accettare le regole basilari del servizio e piuttosto critica riguardo agli interventi delle educatrici. Con questa mamma sono emerse delle problematiche durante il laboratorio, sorte proprio per il suo scetticismo nei confronti del servizio, ed è stato opportuno fare un colloquio per comprendere meglio le sue esigenze. Inizialmente il colloquio aveva fatto emergere una sfiducia e una disconferma del ruolo educativo e delle regole dello spazio, ma, grazie all’intervento di gruppo, la relazione con questo nucleo ha dato vita a un momento molto importante di apertura da parte della mamma, che ha dato voce alle sue paure di genitore, originate dal trauma della guerra. Si è trattato di un’occasione per tutti di osservare i progressi fatti dalla mamma nella comunicazione interpersonale con gli altri genitori, e anche dell’apertura di fiducia della sua bambina nel gioco con i pari.

Il secondo nucleo, formato da una madre con tre minori (due dei quali hanno usufruito del servizio Punto Luce dell’hub di Torre Maura), ha attraversato questo spazio in modo estemporaneo, privilegiando per molto tempo le giornate di laboratorio in cui si registravano meno presenze.  Per questo nucleo, nello specifico, abbiamo rilevato la difficoltà dei bambini più grandi ad effettuare il passaggio al Punto Luce e a separarsi, quindi, dalla madre. Inoltre, è stato complesso lavorare sulla relazione con la madre – e soprattutto sul piano educativo con i minori – a causa delle barriere linguistiche e della frammentarietà degli incontri.

L’ultima famiglia incontrata, oltre alle barriere linguistiche portava con sè anche un’ulteriore criticità legata alle difficoltà fisiche della bambina – affetta da distrofia muscolare. L’impressione è stata dunque che il nucleo abbia deciso di utilizzare lo spazio in modo libero – senza partecipare ad attività strutturate e ad hoc – nelle fasce mattutine in cui non sono presenti laboratori specifici e non vi è, dunque, la possibilità di socializzare con altri adulti e minori.

Nonostante il dramma comune di questa popolazione, ogni singolo incontro ha rappresentato per lo Spazio Mamme di Torre Maura un importante momento di riflessione e ha rinnovato il profondo senso di responsabilità del lavoro, soprattutto quello di rete, e un’apertura verso nuove sfide permettendoci di scrivere una nuova pagina del libro dell’Accoglienza e della comprensione reale di chi sono davvero le persone a cui ci rivolgiamo.

Per acquisire ulteriori informazioni visita il blog di Save the Children Italia, uno spazio di approfondimento tematico sui diritti di bambini e bambine e sulla genitorialità