La genitorialità positiva e l’educazione positiva sono modelli teorici che pongono al centro il bambino, il suo superiore interesse e i suoi diritti; rafforzano la responsabilità degli adulti, in quanto educatori che devono garantire un percorso di crescita non-violento, rispettoso dei diritti del bambino e della sua individualità.

 

Ne parliamo con Anna Paola Favero, dell’Unità Sistemi di Tutela di Save the Children Italia, responsabile del progetto PRISMA.

 

Cosa si intende per genitorialità positiva e come si agisce

La parola “genitorialità” rimanda all’idea del formare una famiglia e del prendersene cura; ma fa altresì venire in mente sentimenti contrastanti, dubbi sulle responsabilità correlate e la consapevolezza che è un cambiamento per il quale non esiste un manuale d’uso.
Il termine “positiva” è più recente ed è il risultato di cambiamenti sia giuridici che sociali importanti, che si sono sviluppati via via che il benessere e la felicità della persona sono stati riconosciuti come la chiave di verifica della qualità di vita di ciascuno, nel nuovo umanesimo più inclusivo, equo ed equilibrato a cui il mondo moderno aspira.
Per garantire ad ogni bambino/a e ragazzo/a uno sviluppo armonioso e completo della sua personalità è necessario adottare un approccio educativo che sia rispettoso delle diverse fasi dello sviluppo e dei suoi diritti.

La storia di Laura Dekker è emblematica nel capire che cosa si intenda per genitorialità positiva:
Laura Dekker è stata la più giovane navigatrice intorno al mondo in solitaria. Nel 2010, ad appena 15 anni, da sola, con la sua barca, solcò gli oceani del mondo per 518 giorni. Senza entrare nei dettagli del caso, questa storia parla di una decisione genitoriale che ha sostenuto l’autonomia della ragazza nel perseguire le sue inclinazioni e la sua emancipazione, nonostante gli aspetti legali e le posizioni paternaliste che ritengono l’età un fattore di incompetenza tout court, senza tener conto della maturità del minore. L’elemento interessante di questa storia è che ci permette di vedere applicata la genitorialità positiva che dà fiducia e che sostiene le caratteristiche uniche del proprio figlio entrando in sintonia con il suo sviluppo ed aspirazioni. Il genitore positivo sostiene, accompagna e supporta. L’autorevolezza non viene quindi dal prevalere del genitore, come da tradizione, ma dalla costruzione di una relazione tra individui in cui il minore viene ascoltato, partecipa alla decisione e a cui viene data fiducia.

 

Genitorialità positiva e punizioni corporali
Vi è un altro senso della genitorialità positiva; ovvero l’affermazione di una relazione che non usa punizione corporale, ricatto emotivo, disciplina violenta come metodo educativo.

Per capire questo aspetto della genitorialità, è necessario partire dall’evoluzione globale del concetto di maltrattamento dell’infanzia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità-OMS nel 2002 ha presentato il rapporto “Violenza e salute nel mondo”, il cui terzo capitolo è dedicato all’analisi del fenomeno dell’abuso sull’infanzia ed ha una portata rivoluzionaria in quanto afferma che le punizioni corporali non siano da considerarsi un metodo educativo ma piuttosto un abuso.

Più recentemente l’OMS ed altre organizzazioni hanno sviluppato un pacchetto di sette strategie per porre fine alla violenza contro i bambini, il documento INSPIRE La prima delle sette strategie è quella che sottolinea la necessità di leggi che vietino la punizione corporale da parte di genitori, insegnanti e altri assistenti.

Ad oggi, anche alla luce della Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989, delle osservazioni generali n. 8 del 2006 e n. 13 del 2011 del Comitato sui diritti dell’infanzia dell’ONU, per citare i capisaldi, è chiaro che la violenza sui bambini è da prevenire, segnalare e combattere.

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU – in particolare l’obiettivo 16.2 che vede la fine di ogni forma di abuso, sfruttamento, traffico di bambini e di tutte le forme di violenza e tortura nei loro confronti – impongono agli Stati una riforma della legislazione nazionale e impongono di lavorare per rendere il divieto di tutte le punizioni corporali per i bambini una realtà.

 

La genitorialità positiva nell’ordinamento giuridico italiano
In Italia, una legge specifica che vieti la punizione corporale ancora non c’è. Vi sono delle norme penali che criminalizzano il maltrattamento (Art 572 cp) e l’abuso dei mezzi di correzione (Art. 571 cp) per citarne alcune, ma ad oggi lo Stato non si è spinto fino a rendere illegali i castighi fisici “lievi”, che di fatto sono spesso tollerati, nonostante qualche precedente giurisprudenziale che va nel senso di ritenerli abusivi.

Come la pensa il genitore italiano? Sa che eliminare la violenza contro i bambini, sia questa fisica o emotiva, è un obiettivo mondiale? Sa che per violenza si intende anche le punizioni “lievi” che abusano o il corpo o la dignità del minore?

Nello studio di Save the Children del 2012, intitolato “I metodi educativi e il ricorso a punizioni fisiche”, è emerso che il 22% dei genitori italiani utilizza lo schiaffo con i propri figli qualche volta al mese; il 5%, invece, ricorre allo schiaffo quasi ogni giorno; il 49%, invece, lo utilizza raramente. C’è anche chi è contro e non ricorre a nessun mezzo di punizione fisica, il 25%. Tuttavia, anche quando utilizzano gli schiaffi, i genitori, secondo lo studio, lo farebbero più per esasperazione, sapendo, in fondo, che non ha nessuna efficacia educativa.

Lo studio non esplora come i genitori si attrezzano per attuare un’educazione positiva e per allinearsi con la legge italiana che è passata da una genitorialità patriarcale in cui il minore era oggetto giuridico del capo famiglia, al sistema costituzionale odierno che garantisce al minore, come ad ogni individuo, il ruolo di soggetto giuridico: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” (Art. 2 Cost.).

Riprendendo quanto scritto in apertura di questo testo, i neo genitori non vengono dotati di un manuale d’uso, ma della sola responsabilità in autonomia del far crescere bene i figli.

Il modello dell’Educazione e della Genitorialità Positiva si fondano su due assi: i diritti delle bambine e dei bambini sanciti dalla CRC e i principi pedagogici fondanti un percorso educativo che mira alla costruzione dell’identità del bambino in quanto persona unica, irripetibile e al suo sviluppo psico-fisico in un’ottica di continuità educativa.
Questo metodo permette di creare un ambiente positivo e di rispondere a tutte le questioni legate alla gestione delle dinamiche/situazioni conflittuali del vivere insieme (in ambiente scolastico e/o familiare) in modo costruttivo e senza fare ricorso ad azioni umilianti, degradanti o lesive.

 

I 4 pilastri dell’educazione positiva
Per garantire un approccio sempre positivo nel processo educativo è necessario conoscere i quattro principi che ne costituiscono l’impalcatura fondamentale.

1. Individuare i propri obiettivi educativi di lungo termine.
Nelle situazioni di stress e tensione è meglio concentrarsi su obiettivi a lungo termine che a breve. Se ben gestite le situazioni di stress diventano opportunità per dare ai bambini insegnamenti preziosi.

2. Far sentire il proprio sostegno e fornire punti di riferimento ai bambini in ogni interazione con loro
La motivazione ad impegnarsi e ad apprendere aumenta se l’adulto sostiene il bambino, lo rispetta e lo comprende. Dare sostegno vuole dire dare protezione fisica ed emotiva. Il sostegno offre al bambino la motivazione ad impegnarsi, ad apprendere dai suoi errori ed a fare meglio. In un’atmosfera di sostegno, il bambino si sente al sicuro anche se commette errori; si fida degli adulti di riferimento e diventa sempre più sicuro di sé, motivato ad impegnarsi.

3. Comprendere cosa pensano e cosa provano i bambini in diverse situazioni
Lo sviluppo di un bambino è un processo in continua evoluzione. Ogni forma di apprendimento si fonda su conoscenze pregresse e a sua volta diventa il presupposto per quelle future. Se guardiamo il mondo con gli occhi di un bambino di 1 anno, 5 o 13 anni possiamo meglio comprendere il suo comportamento, poiché è dettato dalla sua visione del mondo in quella particolare fase del suo sviluppo.

4. Assumere un approccio che mira alla risoluzione dei problemi piuttosto che un approccio punitivo

Un approccio positivo e costruttivo ai problemi offre la possibilità di trasformare situazioni critiche in preziose occasioni di crescita. Si realizza cercando di comprendere le motivazioni del comportamento, identificando la fase di sviluppo in cui si trova il bambino e le sue caratteristiche individuali.

Ognuno di noi ha un ruolo importante affinché “Il minore deve essere pienamente preparato ad avere una sua vita individuale nella società ed educato in uno spirito di pace, di dignità, di tolleranza, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà.” – Preambolo, Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (cfr pagina 13).

 

Per acquisire maggiori informazioni sul tema della genitorialità positiva è possibile consultare la “Guida pratica alla genitorialità positiva. Come costruire un buon rapporto genitori-figli” pubblicata da Save the Children Italia nell’ambito del progetto finanziato dalla Commissione Europea “Educate, do not punish” oppure consultare il blog di Save the Children, uno spazio di approfondimento tematico dedicato alle famiglie e non solo