«È stata una festa!» Così le donne dello Spazio Mamme di Ponte di Nona hanno raccontato l’esperienza vissuta durante il workshop intensivo di sartoria sostenibile, che si è svolto dal 16 al 27 giugno. A guidarle, la stilista Angie Cohen, insieme a un gruppo di volontarie esperte della Design Lab Give. A raccontarci questa esperienza è Francesca Luongo, educatrice della cooperativa Santi Pietro e Paolo presso lo Spazio Mamme di Ponte di Nona, a Roma.

Design Lab Give (DLG) è un’organizzazione senza scopo di lucro con sede a Miami, che ha scelto di contrastare il ciclo della povertà attraverso la condivisione e la promozione di competenze creative e pratiche sostenibili. Cuore pulsante di questo progetto è proprio Angie Cohen, che ha portato in questo laboratorio una visione potente e appassionata: «Mi piace l’idea di poter dare voce alle donne, far sì che con il mio e il nostro lavoro possano coltivare la fiducia in se stesse e connettersi con il proprio potenziale, che troppo spesso viene perso di vista», ha affermato.

Il legame tra Spazi Mamme e DLG nasce da una condivisione profonda di valori: dare strumenti concreti, ma anche costruire relazioni, fiducia, presenza. L’incontro tra questi due mondi ha generato un’esperienza intensa, dove il fare ha avuto la stessa importanza dell’essere.

 

Il workshop di sartoria sostenibile: uno spazio di condivisione e empowerment 

Le donne erano lì, ogni mattina, con i loro figli e le loro figlie, con i loro sorrisi e la loro bellezza. La bellezza luminosa di chi resiste, di chi spesso crede che non valga la pena posare uno sguardo su di sé, ma anche di chi cerca con tenacia il proprio riscatto. E allora, la possibilità di creare degli abiti per sé ha rappresentato molto più che un’attività manuale: ha riguardato l’opportunità di riscoprire il diritto a sentirsi capaci, fiere e visibili. Proprio quel lavoro manuale ha permesso a ciascuna donna di riconoscersi con occhi nuovi, di toccare con mano un risultato che nasceva da sé, e tornava a sé, come un cerchio che si chiude.

«Non avrei mai immaginato di potermi sentire e mostrare così bella», ha detto E., con voce colma di stupore e orgoglio. «Con abiti bellissimi e realizzati da me! Non ho avuto nella vita molte occasioni per vivermi così».

B., invece, ha ricordato una frase della madre: «La mia mamma diceva sempre: Dare – Avere. Una consapevolezza che ci permette di ricevere e allo stesso tempo restituire, e questo, forse, è il dono più grande!»

Il workshop è stato questo: un’esperienza dove si è creato qualcosa che va oltre il visibile. Bellezza, relazione, scambio. Un tempo in cui mamme, operatrici e volontarie si sono ritrovate insieme a fare e a sentire, in una dimensione di umanità e solidarietà.

Tutto questo è accaduto in un luogo duro come quello della periferia, dove il bisogno di sopravvivere può rischiare di soffocare la possibilità di esprimersi. Dove spesso si finisce per credere che per non soccombere, bisogna sopraffare. In un contesto del genere, dare spazio alla fiducia è già una forma di resistenza.

E così, in mezzo a questa complessità, è nata una storia. Una storia fatta di mani che cuciono, di sguardi che si incontrano, di donne che affermano il proprio valore. Una storia che parla di trasformazione silenziosa, ma profonda. Di cambiamento che parte da dentro. Di bellezza che finalmente si lascia guardare.

 

Per maggiori approfondimenti sui diritti di bambini e bambine e sulla genitorialità responsiva consulta il sito di Save the Children.