Lo Spazio Mamme di Ponte di Nona, gestito dalla Cooperativa Santi Pietro e Paolo Patroni di Roma, è uno spazio educativo destinato alle famiglie con bambine e bambini tra 0 e 6 anni. Lo spazio è aperto a tutte e tutti, ma, in particolare, rappresenta un punto di riferimento per famiglie in condizione di disagio socioeconomico, che hanno difficoltà ad assicurare alle proprie figlie e figli un percorso di crescita sereno e completo. Lo Spazio mamme è, quindi, un progetto che accompagna le famiglie nel cammino che conduce a una sempre maggiore autonomia individuale e famigliare. Anna Dinuovo, psicologa, psicoterapeuta e coordinatrice dello Spazio Mamme di Ponte di Nona, ci racconta come lavorano sull’inclusione e quali sono le principali difficoltà che si trovano ad affrontare.

Al centro del nostro lavoro c’è sempre un percorso di co-progettazione, che viene avvito al momento stesso dell’accesso della famiglia e continua con la co-costruzione di un progetto individualizzato di accoglienza integrata, che salvaguardi l’unicità del singolo nucleo e favorisca l’attivazione dei servizi a seconda delle necessità espresse, delle preferenze, e delle risorse di energia e competenze di cui le famiglie dispongono.

Nello Spazio Mamme si lavora  esaminando le eventuali criticità vissute dalle persone  che si rivolgono al servizio, informando, orientando e sostenendo le famiglie nel percorso di accesso e fruizione della rete dei servizi sociali, socio-sanitari, dell’istruzione e delle risorse socio-culturali del territorio e vengono attivati interventi di mediazione e azioni di accompagnamento, per rimuovere/ridurre le barriere culturali e linguistiche, che impediscono o intralciano la comunicazione tra i servizi e l’utenza italiana e straniera. L’ intento è quello di facilitare un più esteso e razionale utilizzo dei servizi stessi, sviluppando strategie di lavoro in rete tra soggetti istituzionali e non, servizi, scuole e centri, sia a livello locale, sia a livello nazionale e internazionale; si promuovono percorsi socio-culturali per informare sul tema dell’immigrazione, della tutela dei diritti umani, dell’educazione alla pace e del confronto interreligioso, attraverso azioni specifiche e campagne di sensibilizzazione per il contrasto alle discriminazioni, al razzismo ed alla xenofobia.

Giorno dopo giorno gli operatori cercano di interpretare, capire, intervenire e accompagnare le famiglie in un percorso condiviso di emancipazione e crescita. Nel far questo, hanno imparato sul campo quanto sia complesso avere una visione e un’interpretazione dei concetti di  “sostegno” e “supporto”, che non preveda solo l’intervento per colmare carenze o mancanze. Oggi operatrici e operatori sono certamente molto più consapevoli che, quando ci si occupa di mamme, di genitori e in generale di famiglia, si ha di fronte un contesto eterogeneo, in continua evoluzione e trasformazione. Non c’è un’unica strada uguale per tutti e le persone italiane e straniere, che arrivano allo Spazio Mamme di Ponte di Nona, seguono percorsi dinamici e diversificati, legati a numerose variabili.

 

Il primo step verso l’inclusione: dalla gravidanza ai primi mesi di vita di un neonato

Nel caso, ad esempio, di persone di origine straniera è necessario considerare la presenza delle differenze legate alla socializzazione ricevuta e interpretare la dimensione culturale, superando il paradigma che ci porta a ragionare sempre in termini di confronto fra la loro e la nostra cultura.

Gli operatori sono sempre più consapevoli che l’affrontare insieme a loro un percorso che porti a una maggiore autonomia, comporta una maggiore considerazione di quanto il processo di socializzazione sia legato non solo alla dimensione culturale, alla dimensione valoriale e alla dimensione delle norme, che sono tutte, comunque, da prendere in considerazione, ma anche alle appartenenze sociali, alle risorse economiche e al capitale sociale, di cui le persone possono disporre.

Numerose famiglie, anche monogenitoriali arrivano con bambini molto piccoli senza conoscere l’esperienza della gravidanza e della nascita così come è affrontata e vissuta nel nostro Paese.  Molte madri, e anche alcuni padri immigrati, non riescono immediatamente a capire come affrontare la gravidanza e la nascita, perché provengono da contesti, nei quali le competenze su questi temi sono legate alla trasmissione orale e non alla presenza di esperti. In molte realtà culturali, la gravidanza, il parto e i primi mesi di vita di un/una neonata sono questioni che competono al cerchio famigliare e non sono oggetto di “sanitarizzazione”, ovvero di un processo che per noi, invece, è praticamente naturale. In questi casi, occorre fornire sostegno a mamme e a papà che hanno problemi nel contattare i servizi, il consultorio, il pediatra nelle fasi pre e post gravidanza. Inoltre, rispetto a questa fase di vita della famiglia, c’è un altro tema molto critico da esaminare e cioè la decisione di diventare genitori. Nella nostra cultura siamo abituati a pensare la genitorialità come una scelta, anche se è evidente che non sia sempre così. In molti casi, ci si confronta con persone straniere che provengono da culture in cui questa concezione così razionale e condivisa non è presente, o in cui le disparità di genere e talvolta la violenza vera e propria, rendono più “fragile” la donna, che non può realmente fare una scelta contraccettiva. Ci sono donne italiane e straniere che non sono libere, perché controllate dal partner, che non le lascia mai sole, o che risponde al loro posto di fronte alle domande degli operatori dello Spazio Mamme.

Crediamo quindi che sia parte del nostro lavoro trattare il tema della scelta e del controllo delle nascite con maggiore decisione, attivando le nostre reti di servizi, (Germogli, Fiocchi in ospedale, servizio di consulenza legale), i consultori, i servizi alla maternità, per considerare le diverse variabili che hanno influenza sulle scelte di genitorialità, anche riducendo un po’ la nostra tentazione di dare consigli, esercitando molto la pazienza, l’ascolto e l’attenzione al significato della maternità in differenti contesti e in differenti culture. Lo stesso orientamento vale, anche, per la successiva fase che riguarda il rapporto con la scuola e l’ingresso dei figli nella vita scolastica.

 

La scuola come primo incontro con il mondo esterno: come favorire la partecipazione

Per i genitori di origine straniera l’entrata a scuola dei figli rappresenta spesso un confronto con gli stili di vita e di cura degli altri genitori e con la cultura del Paese in cui si trovano. Le istituzioni formative nella maggior parte dei casi operano positivamente per la distribuzione di corrette informazioni alle famiglie sulle procedure, ma capita che a volte non si riescano a sciogliere alcuni nodi critici che riguardano, ad esempio, l’idea di partecipazione. Nel nostro Spazio Mamme si lavora molto sul tema della partecipazione delle famiglie all’educazione e all’istruzione, attribuendo e condividendo il significato di queste parole. Cerchiamo di favorire, attraverso comunicazioni semplici e chiare, la continuità delle relazioni tra le famiglie straniere e italiane anche al di fuori della scuola, realizzando molte attività per fare incontrare i genitori e per coinvolgerli fattivamente in eventi, uscite, attività ludiche e laboratori, che avvicinino le famiglie italiane e le famiglie straniere, le istituzioni scolastiche e le famiglie tutte, mettendo le fondamenta alla co-costruzione di una reale “comunità educante”.

Pensiamo per esempio al momento della decisione nella prima infanzia, di mandare i bambini al nido e/o alla scuola dell’infanzia. Il tema della scelta è un tema forte, anche per la nostra cultura. La decisione di iscrivere i bambini all’asilo nido è legata alle condizioni di vita della famiglia, alle sue possibilità, alle caratteristiche professionali dei genitori e degli altri adulti di riferimento, e, per molti di questi nuclei, anche alla trasformazione di un’idea tradizionale di socializzazione. In molti contesti la prima fase della vita è trascorsa all’interno della rete familiare e se le madri, sono casalinghe, diventa fondamentale il lavoro di operatori e operatrici per favorire l’accesso alla scuola dell’infanzia, che dal punto di vista pedagogico è fondamentale per la socializzazione, per l’apprendimento della lingua, per l’inserimento dei bambini nella comunità dei pari. E’ importante sottolineare, in questo quadro, l’utilità del laboratorio di lingua italiana, che rappresenta uno dei perni fondamentali, intorno al quale ruota la maggior parte dei percorsi realizzati allo Spazio Mamme di Ponte di Nona verso l’autonomia. Apprendere almeno le competenze di base dell’italiano permette di dare inizio a qualsiasi reale processo d’inclusione, in quanto l’inadeguata conoscenza della lingua comporta restrizioni nell’accesso alle informazioni, nella fruizione dei servizi, nell’espressione di bisogni, nella possibilità di entrare in relazione con il contesto sociale e quindi, ne consegue, che una scarsa conoscenza della lingua riduce la possibilità di sentirsi parte della comunità.

Per moltissime famiglie straniere, l’asilo nido e/o la scuola dell’infanzia rappresentano, in certa misura, il primo spazio e la prima opportunità di incontro con quella che è la nostra scena pubblica. La scuola rappresenta il primo ingresso in una situazione civica collettiva, dove si sperimentano le regole dello stare insieme, sia sul piano personale, (rapporto dei bambini con i genitori), sia istituzionale (rapporto scuola famiglia).

In questi ultimi anni gli operatori dello Spazio Mamme di Ponte di Nona hanno, inoltre, investito tempo ed energie per facilitare e incoraggiare la partecipazione delle famiglie, che oggi finalmente collaborano attivamente alla programmazione e all’organizzazione delle attività, sentendosi parte di una comunità sociale, multiculturale e solidale, in cui ciascuno può dare e ricevere, apportando il proprio contributo.

Alla base di questo risultato c’è stata e c’è la scelta condivisa di ascoltare ed accogliere emotivamente la presenza dell’altro, sospendendo chiavi di lettura personali e allargando lo sguardo a un intero mondo e/o interi mondi, con cui è necessario sedersi, parlare, discutere, rappresentarsi e collaborare.

Ciò che pensiamo e sentiamo può essere riassunto con questa antica, ma in verità modernissima citazione di Jacob Levi Moreno,1914 (Invito ad un incontro, Vienna):

“Un incontro a due: occhi negli occhi volto nel volto.E quando tu sarai vicino io coglierò i tuoi occhi e li metterò al posto dei miei e tu coglierai i miei occhi e li metterai al posto dei tuoi, allora io ti guarderò coi tuoi occhi e tu mi guarderai coi miei”.

Integrare la diversità nel nostro approccio è stato importante e per nulla banale, abbiamo insistito sul fatto che questo non può avvenire semplicemente in maniera spontanea perché, come abbiamo provato sulla nostra pelle, l’empatia e l’essere ben disposti nei confronti dell’altro non sono sufficienti, perché tutto funzioni. Possiamo essere ben disposti nei confronti dei genitori, dei bambin* e delle famiglie che arrivano da noi, ma essere disponibili non basta per innescare la trasformazione. Sono necessarie competenze specifiche, metodologia e formazione adeguate, perchè questo processo si attivi. Nell’area cognitiva, competenze legate al decision-making, al problem-solving all’uso del pensiero critico e creativo; nell’area emotiva, occorre sviluppare l’autoconsapevolezza, l’empatia, la gestione delle emozioni e dello stress e, nell’area sociale, le abilità relazionali e comunicative.

Per incontrare, contaminarsi e aprirsi alla complessità interpersonale occorre curarsi dell’altro con parole e gesti consapevoli.

 

 

Riferimenti Bibliografici

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 Presentazione del volume L’arte di educare l’umano, Vita e Pensiero, Milano.

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