Il 25 novembre di ogni anno ricorre la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
La violenza contro le donne è un fenomeno strutturale che affonda le sue radici in modelli culturali di relazione e di genere distorti che fanno parte della fibra della società e che vengono prodotti e riprodotti attraverso norme, pratiche, abitudini sociali, determinando così una disparità storica di potere tra uomini e donne.
Ne pariamo con Stefania Rossetti, dell’Unità Sistemi di Tutela di Save the Children Italia.
La tutela giuridica
L’articolo 3 della Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (c.d. Convenzione di Istanbul) del Consiglio d’Europa con l’espressione “violenza nei confronti delle donne”, di cui la forma domestica è una declinazione, designa una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata.
Come si manifesta la violenza contro le donne
La violenza contro le donne può assumere diverse forme che possono essere presenti singolarmente o manifestarsi contemporaneamente. Oltre alla violenza fisica, maggiormente riconosciuta poiché lascia segni sul corpo, e alla violenza sessuale, spesso non riconosciuta quando agita da un partner intimo, la violenza psicologica rappresenta una forma di maltrattamento altrettanto diffusa, sebbene più subdola e complessa da riconoscere, che può manifestarsi attraverso una serie di atteggiamenti intimidatori e di controllo, volti a isolare e indebolire la vittima. Un’ulteriore forma di violenza è quella economica che mira al controllo della partner tramite privazione o limitazione nell’accesso alle disponibilità economiche proprie o della famiglia. Un’altra forma di violenza fortemente diffusa e di recente riconoscimento giuridico è rappresentata dagli atti persecutori, riconducibili alla fattispecie di reato di stalking.
Il femminicidio, ovvero l’uccisione di una donna in quanto donna, è la punta dell’iceberg di un problema sistemico, l’ultimo atto di una violenza spesso perpetrata per anni.
La discriminazione e lo stereotipo come forma di violenza
In termini di discriminazione, la mancanza o difficoltà di accesso a posizioni lavorative di rilievo, le differenze salariali, la rimozione del ruolo delle donne nella storia e il mancato riconoscimento loro contributo nelle diverse discipline, l’assenza di una politica di conciliazione vita lavoro rivolta ad entrambi i sessi che eviti l’attribuzione esclusiva del ruolo di cura alle donne, rendendo loro in tal modo più complesso l’accesso o il mantenimento del lavoro, sono solo alcune delle diverse manifestazioni della disparità sistemica di opportunità in cui incorrono le donne nella società.
L’aspetto sociale e culturale del fenomeno si genera e si propaga attraverso il ricorso agli stereotipi di genere, intesi come meccanismi di categorizzazione rigida e generalizzata di cui ci si avvale per strutturare la rappresentazione di ciò che è maschile e ciò che è femminile. L’uso degli stereotipi di genere conduce ad una percezione distorta della realtà, che determina aspettative rigide su uomini e donne, contribuendo a incrementare forme di discriminazione e a promuovere modelli relazionali impari e, in alcuni casi, violenti.
La violenza contro le donne, dunque, non rappresenta un’emergenza, ma un fenomeno strutturale caratterizzato da una natura multifattoriale al cui interno sono ravvisabili aspetti sociali, culturali politici e relazionali che sono tra loro interdipendenti.
La violenza contro le donne rappresenta un importante problema di sanità pubblica, oltre che una violazione dei diritti umani
Gli effetti di una violenza
La violenza ha effetti negativi a breve e a lungo termine, che si ripercuotono sulla salute fisica, mentale, sessuale e riproduttiva della vittima.
Secondo il rapporto dell‘OMS, Valutazione globale e regionale della violenza contro le donne: diffusione e conseguenze sulla salute degli abusi sessuali da parte di un partner intimo o da sconosciuti, la violenza contro le donne rappresenta “un problema di salute di proporzioni globali enormi”.
Le conseguenze per le donne sopravvissute a violenza domestica possono essere gravi e profonde e anche più acute se esse sono madri. L’indagine svolta da ISTAT nel 2014 ha evidenziato come più della metà delle vittime soffra di perdita di fiducia e autostima (52,75%). Tra le conseguenze sono molto frequenti anche ansia, fobia e attacchi di panico (46,8%), disperazione e sensazione di impotenza (46,4%), disturbi del sonno e dell’alimentazione (46,3%), depressione (40,3%), nonché difficoltà a concentrarsi e perdita della memoria (24,9%), dolori ricorrenti nel corpo (21,8%), difficoltà nel gestire i/le figli/e (14,8%) e infine autolesionismo o idee di suicidio (12,1%).
Inoltre, i bambini e le bambine che assistono alla violenza del proprio padre sulla propria madre, sono considerate a tutti gli effetti vittime anch’esse e possono soffrire di disturbi emotivi, cognitivi e del comportamento. L’esposizione a modelli relazionali basato sull’abuso può, inoltre, determinare un fenomeno noto come trasmissione intergenerazionale della violenza, ovvero la riproduzione in età adulta degli stessi schemi relazionali a cui si è stati esposti nell’infanzia.
Gli effetti della violenza di genere si ripercuotono, quindi, sul benessere dell’intera comunità per generazioni.
I numeri della violenza contro le donne
In Italia e nel mondo la violenza contro le donne interessa 1 donna su 3.
In Italia i dati Istat mostrano che il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner o ex partner, parenti o amici. Gli stupri sono stati commessi nel 62,7% dei casi da partner.
L’ultimo report del Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale della Polizia Criminale pubblicato il 23 novembre sul sito del Ministero dell’Interno certifica che sono 103 le donne uccise in questi undici mesi del 2021.
Inoltre, secondo il Rapporto Istat 2019 sulle donne vittime di omicidi, delle 111 donne uccise nel 2019, l’88,3% è stata uccisa da una persona conosciuta. In particolare il 49,5% dei casi dal partner attuale, corrispondente a 55 donne, l’11,7%, dal partner precedente, pari a 13 donne, nel 22,5% dei casi (25 donne) da un familiare (inclusi i figli e i genitori) e nel 4,5% dei casi da un’altra persona che conosceva (amici, colleghi, ecc.) (5 donne). Per oltre la metà dei casi le donne sono state uccise dal partner attuale o dal precedente e in misura maggiore rispetto agli anni precedenti: il 61,3% delle donne uccise nel 2019, il 54,9% nel 2018 e il 54,7% nel 2014.
A chi rivolgersi
Nei Centri Antiviolenza, presenti su tutto il territorio nazionale, ogni donna sarà ascoltata e creduta, riceverà informazioni utili, non verrà forzata a prendere decisioni e potrà richiedere gratuitamente assistenza legale, sostegno psicologico e ospitalità.
– Chiama il Numero Nazionale Antiviolenza Donna 1522 – E’ attivo 24 ore su 24 per tutti i giorni dell’anno ed accessibile dall’intero territorio nazionale gratuitamente, sia da rete fissa che mobile, con un’accoglienza disponibile nelle lingue italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo. Le operatrici telefoniche forniscono una prima risposta ai bisogni delle vittime di violenza di genere e stalking, offrendo informazioni utili e un orientamento verso i servizi socio-sanitari pubblici e privati presenti sul territorio nazionale, come ad esempio i Centri Antiviolenza.
– Consulta il sito https://www.direcontrolaviolenza.it/ per individuare il centro antiviolenza più vicino.
– Scarica l’app YouPol realizzata dalla Polizia di Stato per segnalare episodi di spaccio e bullismo, l’App è stata estesa anche ai reati di violenza che si consumano tra le mura domestiche.
In caso di pericolo immediato rivolgiti alle Forze dell’Ordine o al Pronto Intervento (numero unico 112). Se non riesci a farlo da sola chiedi a qualcuno di chiamarli per te e se puoi scappare porta con te i tuoi figli/e e aspetta l’arrivo delle Forze dell’Ordine.
Per chi fosse interessato ad acquisire maggiori informazioni sul tema è possibile consultare il blog di Save the Children, uno spazio dedicato a famiglie e bambini ma non solo.