Nelle famiglie, nelle istituzioni scolastiche e nei servizi socio-sanitari del territorio ci si trova sempre più spesso ad affrontare lo spettro dei BES – Bisogni Educativi Speciali. Una condizione di difficoltà vissuta dal bambino o dalla bambina che non sempre ha natura clinica ma che in alcuni casi è il risultato del disagio socio-economico vissuto in famiglia.

 

Il disagio socio-economico vissuto in famiglia è caratterizzato da condizioni di forte deprivazione e da un alto tasso di povertà educativa che non permette al minore di accedere a opportunità di crescita e di sviluppo adeguate alla sua età. Questa condizione preesiste sin dalla primissima infanzia.
Infatti, come è noto, la povertà che colpisce la prima infanzia ha effetti di lungo termine e comporta un maggiore rischio di marginalità ed esclusione sociale per gli adulti di domani.

 

Silvia Baldini ed Erica Amprino dell’A.P.S. Mitades, partner della Rete ZeroSei, ci raccontano la sperimentazione territoriale di un modello di intervento sistemico per la prevenzione e promozione della salute a Milano: il progetto B.E.S.T.® – Bisogni Educativi Speciali Territoriali.
Questo intervento è frutto dell’intuizione di Mitades nell’aver collegato un intervento di tipo sociosanitario ad interventi di taglio educativo, all’interno di una cornice ecologica e sistemica nell’ambito della prevenzione e promozione della salute, dove la T di “Territoriali” sta a sottolineare il lavoro sistemico svolto sia con i minori, ma anche con le loro famiglie e i loro vari contesti di crescita.

 

Cosa sono i B.E.S.T.

Si parla di Bisogni Educativi Speciali riferendosi a “qualsiasi difficoltà evolutiva di funzionamento, permanente o transitoria, in ambito educativo o di apprendimento, dovuta all’interazione tra vari fattori di saluteche possono essere dovuti a disabilità, disturbi evolutivi specifici o svantaggio socio-economico, linguistico, culturale.

In Lombardia si stima che i soggetti seguiti dalle UONPIA (Unità Operative di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza afferenti ai vari Ospedali) in un anno siano circa 95.000, corrispondenti al 6% della popolazione di età compresa tra 0 e 18 anni. Il dato è sicuramente sottostimato dal momento che prende in considerazione solo il numero delle prese in carico dei servizi specialistici ma non segnala quante richieste arrivino e quante situazioni restino in lista d’attesa. Si stima che circa il 12% della popolazione nella fascia d’età compresa tra 0 e 18 anni soffra di disturbi neuropsichici. In Lombardia vengono intercettati solo un bambino su due, rispetto a quanti si valutano essere quelli coinvolti.

 

Come la povertà educativa incide sull’insorgere dei B.E.S.T.

L’analisi delle situazioni familiari afferenti ai servizi con cui Mitades collabora da sempre ha portato ad approfondire il concetto di povertà educativa, nello sforzo di contestualizzarlo e tradurlo come chiave di lettura utilizzabile per le progettualità in fase di costruzione. Essa è stata identificata come impossibilità di accesso a beni, servizi e opportunità necessari alla crescita, cioè “una condizione multidimensionale, frutto del contesto economico, sanitario, familiare e abitativo, della disponibilità o meno di spazi accessibili e/o di occasioni di socialità e gioco, dell’assenza di servizi di cura e tutela dell’infanzia. Tale tipo di povertà non è solo legata alle cattive condizioni economiche, ma riguarda relazioni, isolamento, cattiva alimentazione e scarsa cura della salute, carenza di servizi, di opportunità educative e di apprendimento non formale, che operino in integrazione con i percorsi educativi formali della scuola. La povertà educativa, insidiosa quanto e più di quella economica, rappresenta un forte condizionamento per bambini e adolescenti alla possibilità di apprendere e sperimentare, scoprendo le proprie capacità, sviluppando le proprie competenze, coltivando i propri talenti ed allargando le proprie aspirazioni.”.

Già a 3 anni è rilevabile uno svantaggio nello sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo dei bambini provenienti dalle famiglie più deprivate.

 

L’intuizione del progetto B.E.S.T. e l’alleanza tra servizi e famiglie

Nella progettazione del B.E.S.T.® si è partiti dall’assunto che situazioni di deprivazione e povertà sociale ed educativa favoriscano nel bambino lo sviluppo di comportamenti disfunzionali che, se non trattati precocemente, possono portare a veri e propri ritardi e patologie evolutive

 

Si è considerato il lavoro a favore del bambino e della sua salute psicofisica, connesso ed influenzato da quanto avviene nei suoi contesti principali di riferimento: famiglia e comunità. La maggior parte dei bambini che sono stati coinvolti nel B.E.S.T.® fino ad oggi appartengono a famiglie vulnerabili dal punto di vista economico, abitativo e sociale e vivono in quartieri periferici della zona nord-ovest di Milano caratterizzati da dinamicità culturale e sociale e da condizioni diffuse di marginalità, disagio socioeconomico, isolamento. In particolare le famiglie con figli minori che, tramite le scuole, sono indirizzate ai servizi spesso non dispongono di reti parentali e non sono inserite in reti sociali solide. Forse si possono ricondurre questi aspetti al noto circolo vizioso per cui le diverse fragilità (economica, sociale, educativa) portano le famiglie ad isolarsi progressivamente, accentuando le loro condizioni, o a sviluppare verso i servizi relazioni di dipendenza tendenti alla cronicizzazione dei problemi, con scarse possibilità di emancipazione.

 

Ecco perché il B.E.S.T.® si sviluppa intorno a tre assi strettamente correlati:

  • Evolutivo: attraverso attività psicomotoria di gruppo si mira a sostenere lo sviluppo armonico del bambino e a contenere le difficoltà evolutive, con un rapporto di costante aggiornamento con la UONPIA di riferimento, il pediatra, la scuola;

  • Socio-pedagogico: interventi rivolti alla famiglia per sostenerla dal punto di vista educativo, economico e sociale, integrando eventuali percorsi già attivi con servizi sociali ed altre figure di riferimento a supporto della famiglia. E’ dimostrato infatti che “azioni di supporto ai genitori volte a migliorare le prospettive lavorative, il reddito e le condizioni abitative influenzano in maniera positiva la genitorialità sana e riducono i disturbi mentali sia negli adulti che nei bambini”; 

  • Aggregativo: si mira a promuovere il benessere relazionale e favorire lo sviluppo del capitale sociale del nucleo famigliare nel suo contesto di vita. I bambini e le famiglie a cui il B.E.S.T.® si rivolge vivono in condizioni di svantaggio socio-economico, linguistico, culturale e di povertà non solo economica ma soprattutto sociale ed educativa. Per questo motivo, informare e orientare le famiglie alla socialità e alla vita aggregativa del quartiere è di rilevante importanza in percorsi di rinforzo genitoriale, con una ricaduta positiva sullo sviluppo e sul benessere del bambino.

Si propone in sostanza un’alleanza tra servizi e famiglie, a favore dei bambini, con diverse interazioni ed attività, in una prospettiva di empowerment. Tale offerta si configura quindi come ampliamento dei dispositivi di intervento da parte dei servizi. A partire dalle Neuropsichiatrie Infantili, si facilita un lavoro di raccordo anche con Pediatri, Scuole e altre figure che agiscono attorno all’intero nucleo familiare per permettere un’azione sistemica in cui la famiglia è protagonista del suo stesso percorso. 

Per queste caratteristiche progettuali gli esiti del B.E.S.T.® sono stati verificati attraverso una ricerca relativa al triennio 2015-18 valutata poi dal Centro di Documentazione DORS della ASL Torino 3 come Buona Prassi Trasferibile.

 

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Per acquisite maggiori informazioni collegati al blog di Save the Children Italia, uno spazio di approfondimento tematico dedicato alle famiglie e non solo